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Italy.jpg (930 byte) Aspettiamo le vostre poesie... Italy.jpg (930 byte)

 

 

 

 


 

 

DE SOLITUDINE



Quella che inizialmente pare una semplice porta,
può divenire,
-con il passare del tempo e l’irrigidirsi degli angoli della bocca
(ormai fisicamente inadeguati al sorriso)-
rinvigorita dal desiderio di umana solitudine,
frontiera dei segreti del proprio mondo.
Un mondo fatto di pochi metri 
e tanti silenzi,
dove domina il pensiero,
che può spingersi ovunque
-incontrollato-
libero dalla frustrazione di dover render conto 
a chichessia di alcunchè. 


                                               Francesca Innocente
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GORGOGLIO...

 

Gorgoglio 
D'acqua 
A i piedi d'un bosco;
tra rami e strepiti,
e vegetazione 
montagnosa,
dei rovi lì vicino;
dei muschi,
e dei pietrosi,
resti megalitici 
d'un era primordiale;
mi avvicino all'acqua dolce,
che scorre ,venendo fuori
da un ruscello;
fluido argenteo,
nettare vitale,
acqua di montagna,
cristallina,
impetuosa,
che manda spruzzi e spuma;
mi chino per toccare 
le acque,
raccolte in un bacino;
freschezza,e voglia di fare un bagno;
acqua scorre,e sempre verrà;
e la vita d'un uomo,
non è che un momento fugace;
i sassi saranno sempre lì;
ma ilo tempo,
il tempo spietato 
li spezzerà,e li porterà a valle;
poter risalire la corrente,andare 
indietro nel mio tempo;
ricordi rimembranze,
con un piede nel passato,
sempre.

                                            Stefano Merialdi
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UNA VITA ALTROVE



Ritornavo a casa, ancora una volta, il dedalo di strade percorse, vissute, mi aveva portato lontano per poi ricondurmi qui, da dove ero partito, come se il viaggio avesse mutato ogni cosa intorno a me, per poi non cambiare nulla.
Attraversavo ancora una volta i vicoli stretti, lungo muri vecchi incrostati d'intonaco nuovo,immerso nell'odore verde del canale, quello azzurrino della brezza e quello bianco dei panni stesi.
Erano sensazioni che conoscevo da una vita, eppure mi accorgevo che anche quello era un posto nuovo, che abbracciavo per la prima volta…Forse perché ogni città che hai lasciato è sempre diversa da quella che ritrovi, e la prima immagine che hai di un luogo ancora da percorrere non è mai quella che ti porti via, quando giunge il momento di partire.
Ero a casa, reduce e straniero insieme, e avevo profondamente bisogno che quei tetti, e quei gatti, e quei cortili mi riconoscessero, che mi facessero avere un messaggio diverso da quello di tutti gli altri posti in cui ero stato, un'appartenenza.
Tendevo ogni mio senso, per cogliere quel niente che mi sarebbe bastato a pensare di essere arrivato, di poter restare qui, tra l'umido dei campi, e l'ombra dei ciliegi, e sentire tutto questo come mio.
Desiderio impossibile, perchè i luoghi non ci appartengono mai, siamo noi che apparteniamo loro. Loro che, a noi nomadi che li percorriamo, regalano al massimo una manciata di ricordi, di souvenir profumati ed iridescenti, da metter nell'anima, per non scordarcene, poi.
Questa volta però il mio paese sembrava non avere nulla da regalarmi, taceva immobile, e la sola cosa che sembrava suggerire era che dovevo andar via di là, perché non vi avrei trovato niente. Svoltai nel vicolo, sul selciato strisciavano inconfondibili solchi di biciclette, passaggio di bimbi, che probabilmente avevo visto l'ultima volta in fasce.
La signora Adele, invece, era là dove l'avevo lasciata, china sulle piantine di basilico, con il grembiule imbrattato di terra e le sue cantilene a mezza voce. "Sempre dietro a lavorare, eh?" "Oh, ma guarda lì, chi c'è!" Si alzò in tutta fretta e barcollando uscì dall'orto per abbracciarmi "Il mio terremoto, che peste che eri da piccolo, mi facevi disperare…Ma guarda adesso come ti sei fatto alto! Sei arrivato oggi? Ti fermi tanto?…E lo sai di tua zia?" "No", ebbi solo il tempo di rispondere, che riprese, meno male che il terremoto ero io… "Ah, povera donna, se n'è andata l'anno scorso, via così, in pochi giorni…Come mai sei venuto su solo adesso?".
Mi sconcertò la notizia, ma forse ancor più la sua domanda. Perché ero lì…me lo stavo chiedendo anch'io, e mentre la salutai, declinando l'invito a pranzo, mi risposi che avevo nostalgia di casa, o forse ero stanco di viaggiare, o forse, anzi, credo fosse proprio così, avevo paura di andar via, di ritornare straniero.
Non è vero che esiste un tempo per tutto. O almeno, non sempre: ad esempio, non esiste un tempo per partire, un momento che ti trascini via, senza lasciarti alternative, senza che tu possa dire, o pensare: "Resterei ancora un po'".
Bisognerebbe avere qualcosa di grande da raggiungere per andare, senza rimpianti, senza timori, senza tristezza, qualcosa che si chiami speranza: una vita, o un padre, o un amore.
Ah, se avessi avuto il grande amore, ad aspettarmi in qualche parte di mondo, l'avrei raggiunto senza indugi anche negli angoli più remoti, avrei smesso di cercare il passato, avrei indossato il mio più bel sorriso ad affrontare il viaggio, solo in nome di quello che mi avrebbe atteso al mio arrivo.
Avrei, avrei…Intanto non avevo nulla verso cui salpare, e nulla da concludere nemmeno qui.
Continuai a girovagare per il paese, salutai in piazza alcuni vecchi amici, e brindai con loro ai bei vecchi tempi, poi, sfinito dal viaggio, dai pensieri e dal bere andai a dormire.
Avevo preso una stanza alla locanda, perché la mia vecchia casa, ormai decadente, era stata abbattuta per far posto ad una villetta rosa pallido, elegante nota stonata nel coro delle costruzioni circostanti.
Inutile dire che feci fatica ad addormentarmi, mi disturbava il letto troppo duro, l'umido dei muri, il lamento dei gatti, coperto dalle chiacchiere ai piani bassi, superate a loro volta dal rumore dei pensieri, sempre più confusi dalla stanchezza, sovrapposti a sogni, infine spenti dal sonno.
Un attimo, ed era mattina.
Guardai il sole bruciare di arancio le tegole brune delle case, ancora addormentate, mentre il fischio del treno, come un sibilo, come un richiamo, tagliava l'aria.
Non si vedevano i treni dalla locanda, e nemmeno dal resto del paese, bisognava uscire per quasi un chilometro per raggiungere la stazione, e un lieve pendio nascondeva il tracciato dei binari.
Il treno era lì, a pochi passi, ma non lo sapevi, o non te ne ricordavi, finchè un lamento acuto te ne riportava l'immagine alla testa e al cuore.
Quella mattina sembrava proprio non voler smettere di fischiare, per tre volte si fece sentire, forte, distinto, sembrava chiamare.
Chiamava me.

Credo che a volte bastino piccoli segni per farti capire una cosa grande, e che altre volte ne servano di grandi per farti arrivare ad una cosa piccola.
Grande o piccola che fosse, avevo quella mattina, dopo tanto tempo, la consapevolezza di quanto dovevo fare, del mio tempo, della mia vita: l'avevo compreso raccogliendo per un'intera giornata i segni, sparsi per le vie, il silenzio del paese, che avevo dapprima scambiato per indifferenza, la faccia bonaria di Adele, i sorrisi dimenticati degli amici, e più di tutti in quel momento, la voce del treno, che mi aveva accompagnato dal primo viaggio, e che ora mi spingeva ad un addio, o ad un lungo arrivederci.
Segni diversi che mi sussurravano con voci diverse le stesse parole, avere il coraggio di crescere, di cercare la mia strada.
Qualche ora dopo ed ero oltre il pendio, accanto ai binari, sollevato quasi, dall'aver preso una risoluzione, dall'essermi promesso di cessare il mio vagare a zonzo, i miei itinerari fatti più di ritorni che di nuove avventure.
Prima di attraversare i binari, abbandonai il mio diario su una panchina accanto alla sala d'aspetto.
Avevo compreso che la mia vita era molto più che una serie di pagine solcate di nero, lo era già prima, e ancora più lo sarebbe stata da quel momento in avanti.
Era fatta di immagini, di ricordi e di voci, che solo nella mia mente avrebbero mantenuto il proprio colore, senza svanire, e il campionario della memoria mi sarebbe bastato, perché suo compito era guidarmi nelle esperienze che avrei attraversato, non fornirmi un rifugio nostalgico.
Così abbandonai quelle carte ingiallite, insieme alla speranza di poter non crescere mai, di poter sempre tornare. Mi infilai nel sottopassaggio, sorridendo. Chissà, forse anch'io più in là, da qualche parte, avrei trovato qualcuno, ad attendermi .



Una bambina trotterellò con il suo cane alla stazione, per vedere i treni passare, e si accucciò con lui su una delle panchine, in attesa. Notò appoggiato accanto a lei un libro, o un quaderno, dimenticato, pensò, da qualche passeggero distratto.
Lo prese tra le mani ed iniziò a leggere: era un racconto di arrivi e partenze, di luci ed ombre, di rimpianti e promesse, di vite intrecciate e perse, probabilmente per lei solo una storia, come una favola, come tante.
Una folata di vento accompagnò l'arrivo del treno, e le scompigliò i capelli e il vestitino; alzò gli occhi e sorrise alle carrozze ferme, vecchie conoscenti, con sguardo innocente ed azzurro, come la brezza.
Il treno ripartì, carico di promesse per ogni più disilluso passeggero, e anche per chi le speranze le aveva già, bellissime, in sé. La bambina intanto aveva ripreso a leggere.
Come se nulla fosse cambiato. Come se tutto dovesse cambiare.

 

                                                      Valeria Pomba WB01345_.gif (616 byte)RETURN


 

 

 

QUANDO TI RICORDERAI...

 

quando ti ricorderai di me
pensa ad un giorno in cui
sole e vento si rincorrevano
nei nostri sguardi e i nostri baci
avevano il gusto aspro dell'addio.
quel giorno i gabbiani urlavano
il loro canto stonato
che sapeva di dolore e noi
fingevamo di non udirli.
Ora i gabbiani tacciono,
le loro grida ammutolite,
disperse in un'eco lontana;
e il tempo ha steso la sua coltre
di polvere stanca
su di noi.



                                             Alba Arca  WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

E FUI IO


E fui io.
Sbocciando allora, puro,
e già conoscendo
ogni cosa.

Piangendo lacrime di felicità,
che m'annebbiavano gli occhi,
alla vista d'una realtà
nuova,
la stessa che
molto presto
m'avrebbe appassito,
derubato
della saggezza che mai più
avrei ritrovato.


                                    Ioan Daniel Cuculiuc WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

HO VISTO NEI TUOI OCCHI



Ho visto nei tuoi occhi
la mia anima materializzarsi
e mi sono accorto d’essere nato
per uno scherzo del giorno
che credeva essere notte.

Riflesso nei tuoi occhi ho visto
l’anima stanca di questi sporchi affari;
le scarpe si sono fatte pesanti
come tante promesse non mantenute.


I tuoi occhi di noce mi hanno fatto vedere
Te, principessa, che attraversato il giardino
posava la corona sul prato fiorito, senza fiori.


In quel momento ho capito
che se avessi un cuore di cristallo
invece di essere fossile nei tuoi occhi
l’anima giocherebbe con le nuvole
carezzerebbe lieve l’albero sul monte
e sorriderebbe al turbinio delle foglie.


Certo, se avessi avuto occhi di lacrime
delle spugne del mare e dei coralli
passerei i giorni, allacciato al tuo corpo,
passando lentamente l’anchilosata mano
nei tuoi capelli color grano maturo.

Invece la mia anima, nei tuoi occhi
sembra una sirena che non sa più cantare
perché è diventata di vento e di speranza.


Ma... sono nato alla vita
per uno scherzo del giorno
che credeva essere notte.


Mi sento perso su questa terra
che non so di cosa sono fatto.
Se non fosse per i tuoi occhi che hanno
imprigionato l’anima vagante come
un astronauta perduto nello spazio,
direi di non sapere di cosa tutto
il mio essere - anima e corpo - sono fatti.


                                             Reno Bromuro WB01345_.gif (616 byte)RETURN

                                                  (da «Poesie nuove»)

 

 

 

 

E DOPO...

 

e dopo...
tenerti stretta
ancora
e continuare
a baciarti


                                          Andrea Leonardi WB01345_.gif (616 byte)
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NELLA FUCINA DELLA SCRITTRICE
…così composi il Libricino Littlewitch…

Non conosco di persona l'uomo che mi ha ispirato Littlewitch. Vive all'estero. Volle leggere i miei libri, mi inviò una sua fotografia ed alcune 'email'. Oggi siamo legati da un'amicizia virtuale. Egli dice che sono una Littlewitch e anche una Sweetie Pie. Sweetiepie! E' una parola che pulsa, in modo emozionante, di vita propria. Inconsapevolmente è stato un potente direttore d'orchestra e io (consapevole "vampira") una ricettiva orchestra: ho scritto circa quattrocento versi nello spazio di un'ora.
Forse si fece suggerire il contenuto delle 'email'? Forse i bellissimi contrasti della sua personalità sono fittizi? Forse altri scrissero al posto suo? Con Internet, può succedere anche questo ma, per me, tutto ciò, è irrilevante e probabilmente non lo riguarda.
Mi "battezzò" Littlewitch. Volevo un Libricino e l'ho avuto!
Trasformai il computer in una gabbia dorata e, in essa, attirai l'affascinante e simpaticissimo uomo. Con alcune 'email', lo stimolai, lo provocai, lo sfidai. Reagì e rispose: le sue parole furono un'impetuosa "energia" che mi travolse, sconvolgendomi. Mi fece retrocedere (forse col suo splendido sorriso stampato sulla faccia!) e scrissi parole "di fuoco"! Spense il fuoco a getto continuo e, infine, trascinò la sfida "in campo aperto", costringendomi a chiedere una tregua. Gradatamente l'energia si ritirò. Feci in tempo a graffiarla con...ammirazione. Dal mio graffio (talvolta) scaturisce un'esigenza, la cui matrice è una sostanza prodotta dal cuore.
Poi composi Littlewitch
Nel campo (ove fu trascinata la sfida), è sceso un silenzio misterioso. L'impronta della nudità di un uomo e di una donna non turba la Vergine che (ad esso) si approssima, con la semente di una vita futura. Un'Orchidea selvaggia, distesa immobile sul Passato inesplorato, indossa gli abiti cerimoniali e aspetta la coltura coprendo il volto, affascinante e simpaticissimo, con un velo tolto dallo Scrigno dell'oblio. Due essenze (unite dal vento orafo) guardano i punti cardinali. La Pioggia (madre delle Trame "sorelle") cade sulle acque e sui continenti, divenuti minuscole particelle complici della subitanea creazione.

                                           Hànto WB01345_.gif (616 byte)RETURN

                                        (www.hanto.it)

 

 

 

 

DESERTO

Uk.jpg (1708 byte) SANDS

SPAIN.jpg (731 byte) ARENAS

Germany.jpg (519 byte) Wüste

incompiuto sogno
il Sahara
eterna promessa
di acqua
nell'oasi
la prima ombra
ombreggia bianche case

 

                            Delfina Muschietti WB01345_.gif (616 byte)RETURN

            ( Trad.: Marinella Luraschi )


 

 

 

TOMOKO E LE VIOLE


Tomoko
nacque nel mese di marzo,quando le primule e le viole nei fossi ombrosi sfidano il freddo del residuo inverno.
Il freddo di una madre impotente e cattiva l'aveva messa al mondo senza rifugio né protezione.
Aveva risposto con una violenta anoressia,non aveva parole allora,il suo pianto e la bocca serrata soltanto.
Era così magra che non l'avevano fotografata nuda,rosea carne non aveva intenerito alcuno con le quattro ossa nascoste dalle fasce che ne costringevano anche il cuore.
Gli occhi,grandi,immensi,espressivi ne rivelavano l'inquieto esistere.
Attraverso gli occhi,senza il calore del seno o la forza della mano paterna si era avvicinata alla luce del giorno,troppo forte sempre.
Era amata dalla nonna e da una prozia in campagna.
La prima frase felice nel suo Eden,nel Far west,nel paradiso di cielo e aria era stata per la bellezza dei fiori.
Aveva tre anni un paltoncino cucito a casa,con la sorella al Luna Park su una macchinina,una foto rubata alla vita,senza sorriso,le labbra un po' strette una cuffietta da coniglietto.
Uno zio un giorno l'aveva sorpresa con un grembiulino sporco e un viso felice in un prato,la gioia di esistere in mezzo al verde umido del mattino,libera dalle quattro mura della casa torinese che era la sua prigione priva d'amore.
Le prime foto con il sorriso,stesso grembiulino un mazzo di violette in mano.
Le violette,così timide e coraggiose,umili,selvatiche,profumate,stinte per il troppo sole,vellutate.
Le raccoglieva ogni giorno e le portava a una statuetta di Gesù con lo sguardo triste,in un piccolo nido di cemento,sulla strada e forse era il suo sguardo triste che voleva raggiungere.
Appena il sole si alzava le piaceva distendersi in mezzo alle viole,sfiorandone con le mani leggere la setosità un po' restia a concedersi.
Alla nonna Bianca piacevano quelle del pensiero,era una grande cuoca che amava le raffinatezze e le viole così diventavano da salotto,gialle e blu,porpora,scarlatte con il cuore nero.
Aveva ventidue anni e un figlio nel ventre e Bianca si ammalò e con il cappotto nero elegante bordato di volpe andava in ospedale e portava sempre il mazzolino preferito.
Gli occhi blu dell'oceano della nonna intensificavano il colore a quella vista.
Poi morì e le violette furono dimenticate.
Gli uomini che l'amavano o la desideravano soltanto le portavano rose,orchidee,azalee,fiori alti e pretenziosi che non avevano significato.
Li curava così,per abitudine alla cura.
Aveva tanti anni quando fu assalita a tradimento da un forte dolore e da violenti attacchi di panico che le ricordavano che era viva,che aveva vissuto come fossilizzata nei ricordi o nei falsi desideri ma l'impulso alla gioia era integro.
Senso di colpa e sindrome di Sthendal aveva detto l'uomo vestito di marrone,nella cornice della porta,lo sguardo incuriosito e attento.
Ella aveva già sedotto un analista e aveva paura di lui e l'aveva detto,anche se il vestito a rose fredde gialle,blu e turchesi,quasi un quadro astratto e quel corpo maturo e caldo attiravano lo sguardo.
Aveva spostato la poltrona per non guardarle le gambe.
E lei era rimasta stupita,forse anche delusa.
La seduzione era un modo per difendersi,per non farsi avvicinare.
Lo aveva provocato tanto,con abbigliamenti colorati e femminili,sfidando la sua virtù,la sua intelligenza,la sua virilità.
Lui un poco si era arrabbiato poi,d'improvviso era rimasto passivo a guardare i fuochi d'artificio che scoppiavano nello studio.
Infine aveva iniziato a sorridere sulle mie infanzie mai concluse.
La prima seduzione a Venezia.
Una bimba saltella in Piazza San Marco vicino alla laguna.
Si avvicina un uomo elegante con turbante e smoking,sussurra alcune frasi all'orecchio di mio padre e vuole che la figlia piccola,quella soltanto vada con lui.
Mi avvicinai a un tavolino del bar lussuoso e vidi una principessa indiana tutta azzurra,un diamante sulla fronte,sorrideva felice nel vedermi,immaginava una bambina che era già nel suo cuore e io ebbi paura e non volli il gelato e non mi volli sedere accanto a lei e la ricordai sempre.
Lui amava la natura e nel suo studio c'erano molte piante.
Un vasetto appena seminato,dopo qualche settimana mise fuori le foglie verdi,di un verde scuro e armonioso.
Io chiesi se fossero tromboncini,lui disse : sono violette.



                                Vilma Viora WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

PRIMAVERA


Tiepida è l'aria di mezzogiorno.
Un fascio di luce solare sfiora
la gelida sponda del rio mentre
un rigagnolo si forma a valle.

Lembi di umida terra spuntano
ovunque dalla fradicia neve
ed una intraprendente primula
cattura i primi raggi di sole.

Un merlo, zampettando irrequieto,
dopo lunga penuria invernale,
cerca un verme nella scura terra
e rallegra l'aria con ritmici zirli.

Preludi al risveglio della natura,
segni gioiosi e premonitori
di nuova vita, speranza di ieri,
più concreta certezza da oggi.


                                    Carlo Bertero WB01345_.gif (616 byte)RETURN


 

 

 

QUANTE DOLCI...

quante dolci parole
potresti ancora sussurrarmi
quante carezze ancora
potresti regalarmi
quanti teneri baci
potrebbe ancora
donarmi la tua bocca
quante liete promesse
potrei ancora vedere
nei tuoi occhi........
Se tu fossi qui.
ed io mi addormenterei
al ritmo del tuo respiro.

                                                Alba Arca WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

CERCO SERENO NEL MIO CUORE



cerco sereno nel mio cuore
con occhi vuoti, con mani vuote
come fermare l'orizzonte
farne una striscia, un territorio di confine
ove stendere bianche lenzuola a sbiancare di luna
cadute le poche parole

cerco nel bianco sogno
come stendere l'orizzonte vuoto
farne una striscia di luna
in cui sbiancano le parole
come ciuffi di canne e piumini
di uno stagno fermo e quieto

sulla fronte il dolore maturo
prima del volo del sonno
dove tutto gela in silenzio
i capelli si intrecciano
in lenti movimenti ignari
di quel che ci è negato

la nuit de veritiè nous coupe la parole
la rivelazione dell'essenza
una frattura che lacera il razionale
ne trae un senso in più, anzi il senso
per il prossimo mattino
bianco del cielo vuoto



                                 Antonio Zavoli WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

ESTATE


Messi dorate,
odore di fieno.
Rugiada odorosa : pianto di stelle.
Sole, cuore, amore. E' tempo di sognare.
Che questa estate sia vibrante!



                                               Cosimo Arcorace WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

DI ME...


Quelle maestose terre
di molti colori stagionali
i molti animali selvatici
i grandi fiumi, ostacoli naturali
che segnano i confini
tra un luogo e un altro
di molti sentieri
che si formano
in una necessità mondana
quelle terre....
aride e polverose
dal rinsecchire del cuocente sole
fino alla presenza di molti sarmenti
alternanti in scrosci interminabili
di piogge infinite che lasciano nel verde
immense distese
navigano nel tempo
il tempo orologio e veglia
del mio segno divino materializzato
paradiso, realtà ma.....
infinitesimo punto, che parla di me
a mia insaputa del mio nulla
quel che lascerò, parlerà di me.

                                        Charli WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

MI PIACE IL NUOTO, VERITA' ?


Nuoto,
non vedo lo sguardo,
la bocca del pesce aperta, il mio cuore nudo che parla e trema
sonoro.
Lasciare il corpo saggio.
Il ricordo della bella mano; dolce e forte il bacio dell'acqua
la danza imparata,
ars nova... Io vedo un volto,
ritornare e ritornare sicuro dell'acqua della mia vita.
Andare leggera e trovare la lentezza.
Un argomento per ridere senza umore,
prigioniera della piscina, la lotta per arrivare... non so...
Perché mi piace il nuoto? Io credo che vivo la vita una volta, e
chiaramente un'altra volta senza pensare molto.
Sento l'alba suonare quando ho una poesia di salute davanti me.

                                                  Eva Barberá del Rosal WB01345_.gif (616 byte)RETURN


 

 

 

CIAO SIGNOR G.

La libertà non è star sopra un albero,
la libertà è fluttuare,
dire e pensare,
cercare l'irreale di ogni cosa.
Non essere normale,
e ad ogni costo,
non cercare di piacere,
lasciar dietro al sedere,
i commenti irridenti,
di tristi benpensanti.
Tu, fra i tanti normali,
ci hai donato la gioia di godere,
piaceri intellettuali
di note mai uguali,
mai banali. Parole irriverenti,
commenti d'altri tempi,
dove libertà era anche partecipazione.

                                              Roberto Pinna WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

LE SUE MANI

Sto cercando nel buio
le sue mani,
piccole e indecise
sfuggono il mio calore.
piume di gabbiano
morbide e bianche,
leggere
sfiorano il mio viso.
Si nascondono nel buio
le sue mani,
e improvvisamente
si ridesta la paura.

                                                Paolo Stellato WB01345_.gif (616 byte)RETURN


 

 

 

DA PETRARCA


Aprirti t'èleva! e, se sai pregare,
convoglierai luci, energie intessenti,
tu tieni il cielo in semplici parole!

Un occhio aveva lasciato alla terra,
allo stagnare d'inverno del fiume,
così ch'era, a vederlo, strano arnese:
sopra un grande elefante un leader sguercio.

Non posso tutto ridire per ordine...
tra pioggia di cose inquantificabili...
l'occhio, il pensiero mi andava disviando.

I tanti volti che la morte e il tempo
hanno guastato (ché fu deformata
oltre l'umana - fu la sua sembianza,
e la figura oltre ai figli dell'uomo)
torneranno alla loro più fiorita
e verde età, avranno Pneuma e bellezza.

                                                            Dario Rivarossa WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 

 

 

NEL MARE...


Imprigionati da pietre
dimenticati sotto massi sudicidi di alghe assassine
i segreti del mondo giacciono.
Sono fermi lì,
aspettando un dì mai arrivato,
una data mai scolpita...
Guardano l'inconsapevolezza del mondo
con gli occhi fermi nel vuoto del nulla.
Nell'anima del mare possiamo vedere riflessa la nostra.
Le infinite creature tacciono,
private della parola.
Una banale goccia salata è la nostra vita,
che scivola subito,
come sul corpo di un bimbo abbronzato...
Nel loro paziente respiro
anche le fresche onde piangono.
Piangono di grandi amarezze,
eppure di nulla alla pupilla umana.
Il mare è un violino malinconico,
nell'indifferenza di tutto...
La sua anima protegge il lato più bello della vita,
che mai nessuno sarà in grado vedere...


                                   Marherita WB01345_.gif (616 byte)RETURN


 

 

 

TANGERI



L'odore della città
nel seno nascosto
di luce e oceano
il vento tintinna
oro e argento
bianca maga
il ritmo delle ogive
scandisce i muri
sgretola il silenzio
il cuore è ingenuo
predoni di civiltà
ti hanno domato
sei mansueta
sogno una pantera sguainata
nelle stradine
arrampicate verso il cielo
il tè nel deserto
il rito antico dell'incontro
il profumo di menta
è la tua selva

                                               Vilma Viora WB01345_.gif (616 byte)RETURN